23/02/2016
Io furore dei poveri
La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 23 febbraio 2016; http://www.eddyburg.it/2016/02/il-furore-dei-poveri.html
Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it
Qualche giorno fa un gruppo
di miserabili baracche (ghetto, lo chiamavano) abusive occupate da molti anni da
lavoratori stagionali a Rignano Garganico (vicino Foggia), è stato distrutto dal
fuoco con tutte le poche miserabili cose degli occupanti. Per loro sembra che
la Regine Puglia avesse in programma una qualche diversa sistemazione che
comunque è arrivata tardi. Quello di Rignano è solo uno delle centinaia di
rifugi precari per lavoratori che si spostano da un luogo all’altro per la
raccolta di prodotti agricoli, con miserabili paghe, esposti al ricatto dei
“caporali”. Non ci sono dati statistici sul numero di lavoratori
extracomunitari, ma anche comunitari, che vengono o vivono nel nostro paese,
alcuni regolari, altri clandestini, e sulle loro abitazioni, talvolta rifugi
precari, talvolta case sovraffollate, affittate a prezzi esosi. Gli italiani
hanno bisogno di questi lavoratori ma li detestano se addirittura non li odiano,
e manca una politica che renda meno disumana la situazione di questo nostro “prossimo”.
Si tratta di persone che
abbandonano i loro paesi e le loro famiglie a causa dell’impoverimento delle
loro terre, talvolta per colpa dei mutamenti climatici, che fuggono dalla miseria,
talvolta dai conflitti o dalle persecuzioni etniche, o dalla mancanza di lavoro
per la chiusura di fabbriche o miniere. Poveri che premono ai confini dei paesi
nei quali sperano di avere occupazione e che li respingono e costringono a
vivere in ghetti, appunto come quello di Rignano. Storie di miseri che hanno segnato tutto il
Novecento e questo secolo e che sono sommerse, non hanno voce.
Una qualche mobilitazione di
intellettuali in loro difesa si ebbe ottanta anni fa negli Stati Uniti, durante
la grande crisi iniziata nel 1929. Negli anni venti del Novecento si era verificata
una grande tragedia ecologica; le terre, una volta fertili, degli stati
centrali, Oklahoma, Arkansas, Texas, del grande paese, erano state sottoposte a
eccessivo sfruttamento; tempeste di vento asportavano la poca terra fertile
ancora rimasta, i piccoli agricoltori non potevano più pagare i debiti e le
banche si appropriavano della loro terre per destinarle a colture intensive. Milioni
di famiglie furono gettate nella miseria e costrette ad emigrare ad ovest verso
la fertile California, dove speravano di trovare lavoro. Qui i grandi
proprietari terrieri si servivano di “caporali”, proprio come da noi oggi, per
reclutare operai disposti a lavorare alle paghe più basse, senza sicurezza, in
ricoveri di fortuna. Nel 1933 gli americani elessero alla presidenza degli
Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt (1882-1945), un anziano signore colpito
in giovane età dalla poliomielite, ridotto a muoversi in carrozzella, ma determinato
a far uscire il suo paese dalla crisi con un nuovo patto sociale, il “New Deal”.
Per affrontare il problema dei migranti Roosevelt, poche settimane dopo
l’insediamento, nominò Rexford Tugwell (1891-1979), professore di economia alla
Columbia University, una eccezionale figura di difensore dei diritti civili, a
capo della “Rural Resettlement Administration”, l’agenzia federale col compito
di creare dei villaggi di accoglienza dei lavoratori immigrati in California e
di aiutarli a ottenere lavoro sfuggendo al ricatto dei proprietari terrieri e dei
loro sgherri. Una testimonianza di questa impresa è stata data da John
Steinbeck (1902-1968), giornalista del San Francisco News, che aveva lavorato
come contadino insieme ai migranti e ne conosceva quindi dolori e difficoltà.
Il suo giornale pubblicò nel 1936 una serie di articoli di denuncia col titolo:
“Gli zingari dei campi” (Harvest Gypsies), che furono poi trasformati nel romanzo
“Furore” (1939) da cui fu tratto l’omonimo film del 1940 con la regia di John
Ford e l’interpretazione di Henry Fonda.
E’ la storia della famiglia
Joad costretta ad abbandonare la piccola fattoria dell’Oklahoma e ad affrontare,
su uno scalcinato furgoncino, carico delle poche masserizie, la lunga strada
verso ovest; dopo varie peripezie e dopo aver attraversato l’ostile deserto
dell’Arizona, all’arrivo in California gli Joad si scontrano con la dura realtà:
i “caporali”, le basse paghe, l’ostilità degli abitanti e della polizia,
passando da un ghetto all’altro alla ricerca di un ricovero. Finalmente la
famiglia raggiunge uno dei campi della Resettlement Administration dove sembra
trovino un momento di quiete, acqua corrente, gabinetti e delle docce con acqua
calda. I proprietari terrieri mandano dei provocatori per creare disordini
nella speranza di far intervenire la polizia per cercare di smantellare quel campo
che faceva sfuggire gli immigrati allo sfruttamento. La Rural Resettlement
Admninistration fu da molti considerata una iniziativa “comunista” che
Roosevelt però difese con coraggio.
Le disavventure della
famiglia Joad sono fin toppo simili a quelle che abbiamo sotto gli occhi,
facendo finta di non vedere. Poveretti che cercano rifugio in Europa, lavoratori
clandestini che affollano le nostre campagne, specialmente nel Mezzogiorno, esposti
a ricatti e costretti in rifugi che sono adatti più a bestie che ad esseri
umani, in una società incapace di indignarsi benché sia grazie a loro che
possiamo avere cibo abbondante sulle nostre tavole. La lotta al caporalato e
alla precarietà del lavoro dovrebbe essere la bandiera di qualsiasi governo
civile e non è questione di soldi ma di visione sociale, vogliamo dire
cristiana ?, della politica. Partirà dalla Puglia un “New Deal” come quello
rooseveltiano con iniziative saldamente ispirate alla soluzione di concreti
problemi, insieme, di occupazione e umani e ambientali ?
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