STORIA Stampa
04/08/2015

SM 3789 -- Era bario davvero

Il Blog della Società Chimica Italiana, 4 agosto 2015; https://ilblogdellasci.wordpress.com/2015/08/04/era-bario-davvero/ 

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it 

Dopo la scoperta, fatta dal fisico inglese James Chadwich (1891-1974), che nel nucleo atomico, oltre ai protoni dotati di carica positiva, ci sono anche dei neutroni, privi di carica elettrica, molti gruppi di fisici cercarono di usare questi neutroni come proiettili per osservare le possibili trasmutazioni dei nuclei atomici. Nelle ricerche iniziate a Roma alla fine del 1934 Enrico Fermi (1901-1954) e i suoi collaboratori fecero la grande scoperta --- che valse il premio Nobel a Fermi --- che migliori risultati si avevano se le trasmutazioni erano ottenute con neutroni “rallentati” per passaggio attraverso l’acqua. Simili ricerche furono condotte dai chimici Otto Hahn (1879-1968) e Fritz Strassmann (1902-1980) e dalla fisica Lise Meitner (1878-1968) in Germania e da Fréderic Joliot-Curie (1900-1958) in Francia. 

Di particolare interesse erano le reazioni del bombardamento con neutroni “lenti” del nucleo di uranio, il “più pesante” fra gli elementi allora noti; si osservava la formazione di elementi radioattivi che Fermi e Hahn interpretarono come “transurani”, più pesanti dell’uranio, dotati di proprietà simili a quelle degli atomi sovrastanti dello stesso gruppo della tabella di Mendeleev. 

Lise Meitner, la principale collaboratrice di Otto Hahn in Germania era una ebrea austriaca e dopo l’annessione dell’Austria alla Germania nazista era diventata soggetta alle restrizioni imposte dalle leggi razziali. Nell’estate 1938 riuscì a passare in Olanda e da qui emigrò in Svezia, accolta, malvolentieri, nell’Istituto di Fisica di Stoccolma. Così la già celebre studiosa a quasi sessant’anni si vide improvvisamente privata della possibilità di continuare le ricerche e rimase in contatto “col mondo” attraverso la corrispondenza col suo collega Hahn e la lettura delle riviste scientifiche. L’intera storia è raccontata nel bel libro di Ruth Levin Sime, “Lise Meitner. A Life in Physics”, 1996, nelle testimonianze e nei documenti di archivio dei protagonisti e in molti altri articoli e libri sugli eventi di quei mesi, a cavallo fra il 1938 e il 1939, in cui è cambiata la storia umana. 

Nel dicembre 1938 Hahn osservò fra i prodotti di fissione dell’uranio la presenza di bario, un elemento molto “più piccolo” dell’uranio; da dove poteva saltare fuori ? Le accurate analisi chimiche avevano mostrato che proprio di bario si trattava, e il 19 dicembre Hahn comunicò, dubbioso, soltanto alla Meitner, questa strana osservazione chiedendo il suo parere. Ad ogni buon conto pensò di farne oggetto di una comunicazione, a firma Hahn e Strassmann, inviata il 22 dicembre 1938 alla rivista “Naturwissenschaften” e apparsa nel primo fascicolo del 1939, datato 6 gennaio 1939. “Come chimici dobbiamo accettare l’assegnazione al bario dell’attività osservata, ma come chimici nucleari non possiamo accettare ancora una così drastica conclusione che va contro tutte le precedenti esperienze della fisica nucleare. E’ possibile che una serie di strane coincidenze ci abbino indotto in errore”. 

Il 21 dicembre la Meitner rispose chiedendo maggiori informazioni sui prodotti osservati: i nuovi risultati avrebbero potuto costringere a ritrattare anni di lavoro basati sulla convinzione che dall’urto dell’uranio con neutroni si formavano dei transurani ? Intanto il 23 dicembre era partita da Stoccolma per una breve vacanza di fine d’anno nel paesino di Kungälv dove era stata raggiunta dal nipote Otto Frisch (1904-1979), un fisico, anche lui ebreo austriaco, emigrato in Danimarca dove lavorava con Niels Bohr (1885-1962) a Copenhagen. 

La Meitner e il nipote discussero la lettera di Hahn e conclusero che la presenza dello strano atomo di bario, su cui Hahn e Strassmann, entrambi chimici, non potevano essersi sbagliati, poteva essere spiegata soltanto ricorrendo al modello dell’”atomo a goccia”, capace di estendersi, come una goccia d’acqua, fino a dividersi  in due unità di massa più piccola. Lise Meitner calcolò rapidamente a mente che, se fosse stato così, dall’assorbimento di un neutrone da parte dell’uranio si sarebbero formati due nuclei di massa più piccola di quella dell’uranio (uno dei quali appunto il bario) con una “perdita di massa”, corrispondente ad una energia di 200 MeV per ogni scissione.

Il 1938 si chiudeva così con la scoperta che apriva le porte dell’era atomica. Frisch tornò a Copenhagen il 1 gennaio 1939 e il 3 successivo raccontò tutto a Bohr che si dice abbia esclamato: ”Come abbiamo fatto a non accorgercene !”. 

A dire la verità una diversa interpretazione delle trasmutazioni dell’uranio osservate dai fisici in Italia e Germania era stata avanzata nel 1934 dalla chimica tedesca Ida Noddack (1896-1978) che aveva anche esposto l’ipotesi di una scissione del nucleo di uranio pubblicandola in una rivista di chimica applicata, “Zeitschrift fur angewandte Chemie”, http://www.chemteam.info/Chem-History/Noddack-1934.html. Figurarsi, una chimica che osava criticare il grande Fermi ! I suoi scritti erano stati considerati irrilevanti sia da Fermi sia dalla stessa Meitner. 

Bohr suggerì che la scoperta della Meitner fosse pubblicata al più presto in una rivista di grande prestigio; nel frattempo Bohr si era imbarcato il 7 gennaio per New York con l’impegno di non divulgare i risultati di Meitner e Frisch fino a quando non fossero state accettate le loro “lettere” inviate a “Nature”. Durante il viaggio Bohr non resistette alla tentazione di parlare dello straordinaria scoperta con Léon Rosenfeld (1904-1974) che era imbarcato sulla stessa nave, senza però dirgli dell’impegno di riservatezza che aveva preso con Frisch. 

Frisch intanto il 13 gennaio ripeté in laboratorio il bombardamento dell’uranio con neutroni e confermò la formazione di due frammenti; per telefono e per posta si misero d’accordo con la zia per preparare il testo di due comunicazioni --- la forma più rapida di pubblicazione --- per la rivista “Nature”, inviate il 16 gennaio 1939. I due articoli furono accettati e apparvero nei fascicoli, rispettivamente, dell’11febbraio (Meitner e Frisch) e del 18 febbraio (Frisch) 1939; nel primo di questi articoli fu usato, per la divisione del nucleo di uranio in due nuclei più piccoli, il nome di “fissione”, che era stato suggerito a Frisch dal collega biologo William Arnold (1904-2001), per analogia con la fissione delle cellule. Veniva così accantonata la teoria dei “transurani” che aveva polarizzato negli anni precedenti i fisici, anche se dei veri elementi transuranici sarebbero stati scoperti di lì a poco, il nettunio e il plutonio nel 1940. 

Bohr e Rosenfeld sbarcarono a New York il 16 gennaio e ad accoglierli c’era Fermi, arrivato a New York il 2 gennaio da Stoccolma dove, il 10 dicembre 1938, aveva ricevuto il Premio Nobel per la fisica. Rosenfeld al suo arrivò parlò della scoperta della fissione con alcuni fisici e la notizia si divulgò rapidamente ed elettrizzò la comunità scientifica. La fissione sbarcava in America e immediatamente vari fisici si misero febbrilmente al lavoro per ripetere l’esperimento di bombardamento del nucleo dell’uranio con neutroni, avendo a disposizione buoni strumenti per il rilevamento della radioattività e la caratterizzazione degli elementi formati nella fissione. Su quelle convulse quattro prime settimane del 1938 si può vedere: https://books.google.it/books?id=Hckys7gpwl4C&pg=PA261&lpg=PA261&dq=%22roger+h.+stuewer%22+%2B%22bringing%22&source=bl&ots=oJySDiGckT&sig=1nPW8xmQrUxUHxwnKMyiSmZPuCM&hl=en&sa=X&ved=0CDQQ6AEwBGoVChMIveOr84-PxwIVKMNyCh3GUgmE#v=onepage&q=%22roger%20h.%20stuewer%22%20%2B%22bringing%22&f=false 

Il 25 gennaio Fermi e John Dunning (1907-1975) confermarono i risultati di Hahn e Strassmann e il giorno dopo ci fu la presentazione ufficiale dalla notizia della fissione durante la Conferenza sulla fisica teorica svoltasi alla George Washington University di Washington. Bohr e Fermi insieme annunciarono che Hahn e Strassaman avevano osservato la inspiegabile presenza di bario nei prodotti di disintegrazione dell’uranio con neutroni e che il fenomeno era stato correttamente interpretato da Meitner e Frisch come fissione del nucleo di uranio con liberazione di 200 Mev di energia per disintegrazione. I risultati della conferenza furono divulgati dal “New York Times” il 29 gennaio 1939. 

Lo stesso giorno Robert Oppenheimer (1904-1967) ipotizzò la possibilità di usare l’energia liberata dalla fissione come nuova potente arma. Il 5 febbraio Bohr spiegò che a subire fissione con neutroni lenti era l’isotopo 235 dell’uranio, presente nell’uranio naturale in concentrazione dello 0,7 %. Nel febbraio 1939 Fermi, Leo Szilard (1898-1964) e Walter Zinn (1907-2000) negli Stati Uniti e Joliot-Curie in Francia verificarono sperimentalmente che nella reazione di fissione si liberano almeno due neutroni, ciascuno in grado di disintegrare altri nuclei di uranio, il che assicurava la possibilità di una reazione a catena capace di liberare grandissime quantità di energia. Il 16 marzo Fermi tenne una conferenza al Dipartimento della Marina americana sulla possibilità di usare l’energia nucleare per azionare sottomarini e come nuova arma. 

In quell’inverno 1939 i rumori di guerra in Europa si stavano facendo sempre più forti, non placati dalla conferenza di Monaco (settembre 1938) nella quale Francia e Inghilterra si erano illuse che Hitler si sarebbe accontentato dell’annessione dell’Austria. Il 16 marzo 1939 Hitler aveva occupato la Cecoslovacchia con le sue miniere di uranio, la cui esportazione fu vietata. Il 22 maggio Hitler aveva firmato il “patto d’acciaio” con l’Italia. 

I fisici americani sapevano, preoccupati, che, se guerra ci fosse stata (sarebbe cominciata il 1 settembre 1939), Hitler aveva a disposizione le conoscenze per fabbricare una super-bomba a fissione nucleare e nell’agosto 1939 Szilard convinse Einstein a scrivere a Roosevelt la lettera che avrebbe messo in modo il Progetto Manhattan; si trattava di investire soldi per verificare se la reazione a catena di fissione dell’uranio poteva essere condotta su larga scala e se poteva essere “fermata”, una volta avviata. Il problema sarebbe stato risolto il 2 dicembre 1942 con la pila atomica di Fermi a Chicago, un anno dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbor. Il lungo cammino sarebbe culminato con il lampo (più abbagliante di mille soli) della bomba di Alamagordo (16 luglio 1945) e con quelli di Hiroshima (6 agosto 1945) e di Nagasaki (9 agosto 1945) che avrebbero spazzato via oltre centomila vite. Settant’anni fa. 

Pochi giorni dopo, con la resa del Giappone finiva la spaventosa seconda guerra mondiale e iniziava l’era nucleare in cui stiamo vivendo, segnata da duemila test nucleari nell’atmosfera e nel sottosuolo, con relativa contaminazione radioattiva dell’ambiente, con 15 mila bombe nucleari ancora presenti negli arsenali a cui nessun paese sembra voler rinunciare e che con la loro stessa esistenza, rappresentano un continuo pericolo di estinzione della stessa vita del pianeta. La storia di quel fatidico mese del 1939 e degli eventi precedenti e successivi è raccontata nel bel libro, ormai quasi introvabile, di Robert Jungk, “Gli apprendisti stregoni”, Einaudi, 1958, il cui titolo originale era: “Più abbagliante di mille soli”, il verso della poesia indiana Bhagavadgita che venne in mente a Robert Oppenheimer assistendo all’esplosione della prima bomba nucleare nel deserto del Nevada il 16 luglio 1945. 

Nota: Dalle date di nascita delle persone coinvolte si vede che molti erano poco più che trentenni.  

 

 





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