SM 3786 -- C'è della violenza nelle merci -- 2015
La Gazzetta del
Mezzogiorno, martedì 28 luglio 2015
Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it
In generale sappiamo ben poco di che cosa sono fatti gli
oggetti che usiamo continuamente; la pentola in cui cuociamo la pasta,
l’automobile con cui ci muoviamo, il cellulare o il tablet con cui comunichiamo,
eccetera, contengono materie plastiche e metalli, della cui provenienza
sappiamo ancora meno. Vengono dal
fabbricante di pentole e automobili e cellulari, ovviamente, ma il fabbricante
li ha prodotti a sua volta da idrocarburi e minerali estratti in paesi anche
lontanissimi, da persone che non conosceremo mai, forse liberi lavoratori con
salari equi e adeguata sicurezza, forse miserabili schiavi costretti a lavori
estenuanti, lontani dalle loro case.
Qualcosa su queste condizioni di sfruttamento umano fu denunciata
dal film “Diamanti di sangue”, del 2006, con Leonardo DiCaprio, che descriveva
l’estrazione di diamanti, insanguinati, appunto, da parte di migliaia di lavoratori
schiavi, nella repubblica africana della Sierra Leone. Meno note, ma altrettanto
dolorose, sono le condizioni di lavoro in altre zone dell’Africa, in cui
milizie locali si guerreggiano con armi acquistate col ricavato dalla vendita
dei minerali estratti col lavoro infernale di minatori schiavi. Senza contare
che questi metodi violenti di estrazione clandestina si lasciano alle spalle
montagne di scorie tossiche per l’ambiente e le popolazioni locali.
A qualcuno, sia pure nel disinteresse generale, sta a cuore
la diminuzione di tutta questa violenza umana e ambientale: il Palamento europeo,
qualche settimana fa ha votato a maggioranza una risoluzione che impone agli
industriali di denunciare se i metalli che usano provengono da minerali estratti
in zone in guerra. E’ una iniziativa ispirata da una simile legge americana del
2010, e già alcune industrie, soprattutto nel settore dell’elettronica di
consumo, dichiarano, come dimostrazione della loro correttezza e come occasione
di pubblicità, che i loro prodotti non contengono “metalli insanguinati”. La
risoluzione europea specifica che la denuncia riguarda gli importatori di
stagno, tungsteno, tantalio e dei loro minerali, e di oro, provenienti da una
zona dell’Africa equatoriale che comprende la parte orientale della Repubblica Popolare
del Congo e i paesi limitrofi Burundi, Ruanda, Sud Sudan e l’Angola.
I minerali e i metalli specificati sono particolarmente
importanti per i loro usi industriali e perché in parte provengono proprio
dalla zona africana travagliata da conflitti locali. Il principale minerale di
stagno è la cassiterite e lo stagno trova impiego nelle saldature e in molti
prodotti chimici. Per la sua capacità di proteggere i metalli contro la
corrosione, lo stagno è utilizzato per il rivestimento di sottili lamiere di
acciaio: si ottiene così la banda stagnata, quella delle lattine per prodotti
alimentari conservati; una lattina media di tonno in scatola o di conserva di
pomodoro contiene da 100 a 200 milligrammi di stagno.
Il tantalio viene estratto dal minerale columbite-tantalite,
il coltan, nel quale si trova insieme al niobio. Il tantalio è un metallo molto
resistente alla corrosione, è buon conduttore del calore e dell’elettricità e
viene usato nelle apparecchiature elettroniche come telefoni mobili, tablet, computers,
e anche per la preparazione di speciali leghe per jets civili e militari.
Ancora più importante è il tungsteno che si trova in natura
nei minerali wolframite, tungstato di manganese e ferro, e scheelite,
tungstato di calcio; il suo principale uso è la preparazione
del carburo di tungsteno, un materiale duro quasi come il diamante con cui si
ottengono utensili da taglio per la lavorazione dei metalli, nelle escavazioni minerarie
e per segare i blocchi di marmo. Leghe a base di tungsteno estremamente
resistenti sono usate nella produzione di proiettili penetranti e delle corazze
di navi e carri armati. Nel film Gilda (1946) il marito della bella Rita
Hayworth era un avventuriero che, durante la II guerra mondiale, organizzava
per i nazisti il contrabbando del tungsteno estratto dalle miniere sudamericane.
Il tungsteno viene impiegato anche in leghe per le pale delle turbine degli
aerei a reazione e delle centrali elettriche.
Infine l’oro, di cui esistono miniere ”insanguinate” nell’Africa
centrale, serve per la fabbricazione di monete e di gioielli, ma soprattutto
per le saldature nelle apparecchiature elettroniche. Ogni cellulare o tablet
contiene circa 20-25 milligrammi di oro, una quantità che diventa grandissim se
si pensa che la Unione Europea importa ogni anno 350 milioni di pezzi fra
telefoni mobili e computers, e che in Italia si vendono circa 40 milioni di
cellulari all’anno.
L’iniziativa del Parlamento europeo ha suscitato differenti
reazioni: favorevoli da parte delle organizzazioni che si battono per i diritti
umani e per la difesa dell’ambiente, le quali sperano che la diminuzione dei
profitti delle bande in guerra contribuisca a ristabilire una qualche pace e a
combattere la corruzione inevitabilmente associata al contrabbando delle preziose
materie prime. Contrarie, e non fa meraviglia, le imprese che temono che le
norme contro i “metalli insanguinati” facciamo diminuire i loro profitti e che
tirano fuori anche la commovente preoccupazione per i minatori africani che
potrebbero perdere la loro, sia pure supersfruttata, occupazione. L’iniziativa
europea potrebbe essere una occasione per una maggiore informazione dei consumatori
sui materiali impiegati in quello che comprano, materiali che “costano” acqua,
energia, risorse naturali e anche fatica e dolore e spesso violenza. C’è anche
della violenza nelle merci.
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