08/02/2015
SM 3735 -- Il cibo nella Bibbia
La Gazzetta del
Mezzogiorno,
domenica 8 febbraio 2015
Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it
Gesù
nasce, circa 2000 anni fa, nel popolo ebraico, una comunità di agricoltori, allevatori,
pescatori, ma anche guerrieri, che ha una lunga storia ricostruibile attraverso
la lettura del “libro”, la Bibbia per i cristiani. Dopo una lunga premessa, in
cui è difficile riconoscere eventi storici, cominciano i libri che raccontano
eventi e persone che si possono identificare storicamente e che si svolgono in
gran parte nella Palestina. Si tratta di un territorio di passaggio fra occidente
ed oriente, esposto ad invasioni da parte di molti popoli fra cui egiziani,
babilonesi dell’attuale Iraq, assiri dell’attuale Turchia.
In
un periodo databile fra il 1600 e il 1400 avanti Cristo una comunità ebraica,
emigrata o deportata, esisteva in Egitto, malvista dalla popolazione locale. In
un qualche momento intorno al 1400 a.C. avviene una migrazione di ritorno verso
la Palestina dove gli Ebrei devono riconquistare spazi e pascoli combattendo
con altre popolazioni locali. In questo periodo vengono formulate “le leggi”
che regolano la vita comune e sociale fra cui gli alimenti permessi e quelli vietati
indicati come kasher. Queste regole sono contenute nel libro del Levitico e nel
Deuteronomio, redatti intorno al 600 a.C. su testi e tradizioni che risalivano
al 900-700 a.C. La Bibbia letta da noi è la traduzione di testi originariamente
in ebraico poi tradotti in greco, poi in latino, poi nelle lingue europee. Ciò
rende non facile rispondere alla domanda: che cosa mangiava il popolo ebraico
prima di Gesù ?
L’attentato
al supermercato kasher di Parigi, alcune settimane fa, ha richiamato l’attenzione
del mondo intero su negozi e supermercati in cui si vendono alimenti prodotti
osservando le regole seguite dagli Ebrei, contenute nel libro della Bibbia chiamato
Deuteronomio. Qui e in tutti i testi dell’Antico Testamento si parla della vita
quotidiana di un popolo che ha abitato per la maggior parte in Palestina, ma è anche
venuto a contatto con gli egiziani, presso cui gli Ebrei sono vissuti nei secoli
fra il 1600 e il 1400 a.C., con i popoli della valle del Tigri e dell’Eufrate
dove sono stati esiliati “a Babilonia” dal 600 al 500 a.C. circa e con altri
ancora. Le abitudini alimentari sono quindi state influenzate da quelle di
molti altri popoli e da diverse condizioni di clima e igieniche.
Il
“mangiare insieme” con parenti o amici, dopo aver pregato, faceva e fa ancora parte
del rito del “sabato”, l’astinenza dal lavoro, che comincia al tramonto del
venerdì; una bella descrizione del pranzo di uno shabat nel film “Il giardino dei
Finzi Contini” di Vittorio De Sica.
Il
cibo principale del popolo ebraico era costituito da cereali, soprattutto grano
e orzo, trasformati in farine mediante molitura e poi impastati con acqua e sale
e cotti sotto forma di pasta e di pane e focacce; il pane poteva essere preparato
fermentato col lievito, come il nostro oggi, o non fermentato, azimo (dal greco
senza enzimi). Essenziale era il sale per la preparazione del pane, per condire
gli alimenti e per la conservazione della carne; il sale era disponibile in
abbondanza in Palestina; il Mar Morto si trova in una valle le cui pareti sono costituite
da un enorme giacimento di sale. Il pane era spesso mangiato con olio di oliva,
tipico frutto del Mediterraneo; gli oliveti e le olive e i frantoi sono
continuamente citati nell’antico Testamento, e la coltivazione e l’estrazione
dell’olio non dovevano essere molto diverse da quelle della Puglia dell’Ottocento.
In
Palestina era diffusa la coltivazione della vite, la torchiatura dell’uva e la
produzione del vino; venivano prodotte anche altre bevande alcolica per
fermentazione dal melograno e da cereali. L’uso del vino doveva essere
moderato; l’ubriachezza, che pure appare in alcuni racconti come quello di Noe
e di Loth, era condannata e comunque fonte di guai. Dal succo di uva era
prodotto anche il mosto, ricco di zuccheri, che, con il miele, era l’unico dolcificante.
Il pasto delle famiglie comprendeva varie verdure e condimenti come aglio e
cipolle e semi di coriandolo.
Le
frutta erano abbondanti e anche quelle tipiche del bacino del Mediterraneo, uva
e inoltre fichi, olive e meloni. Nel viaggio dall’Egitto alla Palestina gli
Ebrei affamati poterono nutrirsi di “manna”, ricordata sia dalla Bibbia sia dal
Corano, probabilmente una qualche materia vegetale contenente carboidrati.
Gli
alimenti carnei erano costituiti dal pesce pescato soprattutto nelle acque dolci
del Giordano, che attraversa la Palestina da Nord a Sud passando attraverso il
Lago di Tiberiade fino al Mar Morto, e dalla carne di pecore, capre, bovini. Le
regole della macellazione e della alimentazione con carne, probabilmente
ispirate a motivi igienici e per evitare infezioni, sono molto dettagliate
nell’Antico Testamento e la loro violazione era un grave peccato. Era (e lo è
ancora per gli Ebrei osservanti) vietato mangiare carne con tracce di sangue il
che impone speciali accorgimenti nella macellazione.
Nel
libro del Levitico sono specificate le cose che non si devono mangiare: la carne
di maiale, che pure era allevato, di alcuni animali e di alcuni uccelli. Gli
animali ammessi dovevano essere macellati in modo che non restasse sangue nella
carne che solo così risulta kasher, “adatta”, appunto, al consumo. Fra gli alimenti
di origine animale è spesso citato il latte di cui si conosceva la coagulazione
col caglio con formazione di formaggio.
Il
latte era importante: la terra promessa per il popolo ebraico è indicata come
quella in cui scorre “latte e miele”. Nel corso della lunga storia del popolo
ebraico i prodotti alimentari, essenziali per la vita erano costosi e le frodi
erano abbastanza diffuse; la Bibbia ne parla in varie occasioni condannandole
severamente, e cita anche alcuni metodi per svelarle. Un pericolo di
intossicazione alimentare dovuto ad erbe selvatiche mangiate durante una
carestia, è sventato dal profeta Eliseo, come racconta il II libro dei Re.
Infine
va ricordata l’importanza dell’acqua specialmente in paesi semiaridi come
quelli abitati dagli Ebrei; la pioggia era una ricchezza per i campi; l’acqua
era ricavata da sorgenti e pozzi; quando gli Ebrei sono assetati nel viaggio
dall’Egitto alla Palestina la Bibbia parla dell’intervento miracoloso di una
sorgente che sgorga a Horeb da una “roccia” percossa col bastone da Mosè. Il
profeta Eliseo rende potabile dell’acqua impura mediante aggiunta di “sale”, un
racconto che forse riflette qualche pratica di depurazione nota alcune
centinaia di anni prima di Cristo. Per indicare la potenza della parola di Dio
Isaia la paragona all’acqua che scende dal cielo e bagna il terreno, lo
disseta, lo nutre e fa germogliare il grano, una accurata descrizione del ciclo
ecologico dell’acqua.
|