ENERGIA Stampa
12/10/2013

Le delusioni della fusione nucleare

La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 22 ottobre 2013

 

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

 

L’8 ottobre scorso un brivido ha scosso il mondo della fisica, ma anche dell’economia: la BBC, la radio-televisione inglese, ha annunciato che nel LLL, il Laboratorio americano di Livernore, in California, intestato allo scienziato Ernest Lawrence, era stata ottenuta con successo una fusione nucleare con una produzione di energia superiore a quella assorbita. Sembrava l’inizio positivo del cammino verso una nuova fonte di energia, grandissima, ottenuta riproducendo in laboratorio quello che avviene all’interno del Sole, la fusione ad alta temperatura e pressione dei nuclei degli isotopi dell’idrogeno.

 

Il nucleo dell’idrogeno è costituito da un protone, particella dotata di carica elettrica positiva; il suo isotopo deuterio ha lo stesso comportamento chimico (per questo occupa lo stesso posto, topos, nella tabella degli elementi chimici) ma nel nucleo contiene un protone e un neutrone, particella che ha circa lo stesso peso del protone, ma è privo di carica elettrica; il trizio ha anch’esso lo stesso comportamento chimico dell’idrogeno ma contiene nel nucleo un protone e due neutroni. All’interno del Sole, a temperature di circa 15 milioni di gradi, dalla fusione di nuclei di idrogeno, deuterio e trizio, si formano nuclei di elio e neutroni con liberazione di una grandissima quantità di energia.

 

Con queste, e altre, reazioni il Sole “consuma”, ogni secondo, 4 milioni di tonnellate della propria massa; l’energia che si libera viene irraggiata in tutte le direzioni; la Terra, a 150 milioni di chilometri di distanza, ne riceve una piccola frazione, per noi essenziale perché ci consente di avere calore, luce e vita. Da quando è stato riconosciuto il carattere delle reazioni termonucleari dell’interno del Sole, ad opera di Hans Bethe (1906-2005) nel 1938, gli scienziati hanno rincorso il sogno di riprodurle sulla Terra con qualche reattore; il deuterio si può separare dall’acqua di mare dove è presente in ragione di un atomo di deuterio ogni 6200 atomi di idrogeno, e il trizio si può ottenere per bombardamento con neutroni dei nuclei di litio.

 

La fusione termonucleare può essere innescata se deuterio e trizio sono portati alla temperatura di oltre 100 milioni di gradi, molto superiore a quella dell’interno del Sole, dopo di che la reazione continua. La fusione nucleare è realizzabile “bene”, si fa per dire, nelle bombe termonucleari, o bombe H, perché le altissime temperature e pressioni sono ottenute con l’energia liberata da una bomba atomica a plutonio. Nel mondo ci sono molti gruppi di scienziati che da sessanta anni tentano di costruire dei reattori che, mediante fusione nucleare, producano più energia di quella richiesta per innescare la reazione. A parte altri possibili inconvenienti, con reazioni nucleari di fusione si spera di avere energia in grandissima quantità a basso costo; per questo dicevo all’inizio che anche il mondo economico sta attento ai progressi di questi laboratori internazionali.

 

I governi, per lo stesso motivo, spendono ogni anno diecine di miliardi di euro per finanziare gli esperimenti e ogni tanto sembra che sia stata superata la soglia di condizioni al di la delle quali la produzione di elettricità commerciale per fusione nucleare diventerebbe una realtà. Nel 1991 (se ne parlò anche in queste pagine) sembrava che nell’ambito del progetto europeo JET (Joint European Torus, che si potrebbe tradurre come progetto europeo per il "toro", una specie di ciambella con altissimi campi magnetici) fossero riusciti a realizzare una fusione nucleare capace di fornire più energia di quella assorbita per farla partire; fu calcolata la produzione “netta” di un quarto di chilowattora, una quantità piccolissima ma sufficiente per far sperare in successivi successi “economici”. Poi si parlò del successo di una fusione nucleare in laboratorio nei primi anni del Duemila, ma ogni volta seguirono delusioni.

 

Si capisce perciò bene l’entusiasmo dei giorni scorsi, ma anche questa volta, dopo pochi giorni è seguita una smentita; forse gli scienziati del LLL non erano stati precisi nello spiegare il risultato dell’esperimento condotto con centinaia di potentissimi laser la cui energia era stata concentrata su una minuscola quantità di deuterio e trizio sperando di innescare la fusione termonucleare. La corsa continua; negli Stati Uniti con laser sempre più potenti, a Cadarache, in Francia, dove è in costruzione un reattore internazionale, ITER, con campi magnetici sempre più potenti. Se anche si riuscisse ad innescare reazioni di fusione nucleare controllata, resterebbero molti problemi da risolvere, specialmente quelli dei materiali da costruzione resistenti ad altissime temperature; non si avrebbero scorie radioattive come quelle della fissione nucleare, così difficili da smaltire, ma durante la fusione nucleare molti materiali del reattore diventerebbero radioattivi in seguito agli intensi flussi di neutroni, con formazione di scorie radioattive di altro tipo, ma non meno dannose per l’ambiente.

 

Ogni tanto c’è qualcuno che promette la produzione di energia “economica” con una “fusione nucleare fredda” e ci sono anche azionisti che investono soldi per rincorrere questo sogno che ogni volta si rivela irraggiungibile. Naturalmente c’è sempre da sperare in nuovi successi tecnico-scientifici che consentano di avere energia per scaldare le nostre case, accendere le lampadine elettriche e far funzionare le automobili, ma con umiltà, ricordando che la natura non da niente gratis e troppo spesso si è visto che si esce da una trappola tecnologica per cadere in un’altra, magari peggiore dal punto di vista economico e ambientale.

 

 

 

 





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